Torno come se tornassi per una terapia d’urgenza.
In questo periodo assurdo che stiamo vivendo, a volte,
lanciare su un foglio bianco delle lettere a caso che formano parole, può
essere terapeutico ed è un modo come un altro per decomprimersi.
Sono qui sul tavolo del soggiorno, con il mio computer, e
prendo un attimo di pausa dal famigerato smart working per parlarmi un po'.
Dal famoso 9 marzo (io sono di Milano) sono chiusa in casa e
salvo una volta a settimana in cui esco per fare la spesa i miei passi misurano
la cucina, il corridoio.
Oggi sento più di altri momenti l’ansia della privazione.
Mai come in questo momento mi attacco con tutte le mie forze
al presente. Mentre una volta vivere il momento era considerato un consiglio da
parte dei saggi, oggi diventa una necessità impellente per non svalvolare più
di quanto stiamo facendo.
Vivere questa giornata è il mio principale obiettivo,
arrivare a stasera sana sotto tutti i punti di vista diventa un must nella mia
vita: se mi giro indietro parte una nostalgia profonda ed un totale struggimento,
se guardo avanti vengo travolta da uno tsunami di ansia e mistero.
Il grande De Filippo diceva addà passà a nuttata ed io
aspetto, cercando di fare la brava e restando sempre con la testa ad oggi.
Sia chiaro, non è per niente semplice e la mente va da ogni
parte.
In questo periodo ho provato a riprendere la meditazione,
seguo una persona su FB che ho conosciuto e di cui mi fido e cerco di farmi
guidare in meditazioni ma faccio una fatica immane, i pensieri entrano a frotte
nella testa, si spintonano per essere i primi ad essere guardati, poi sento la
sua voce che come se mi guardasse dentro dice “arrivano i pensieri lasciali
passare e resta centrato, sereno e consapevole di te stesso” e mi rendo conto
che questa è la chiave per stare aggrappata al qui e e ora.
Da questa quarantena ne usciremo pazzi oppure dei vecchi
saggi (vecchi perché chissàà quando finisce).
Rispetto alla maggioranza non mi sono fatta prendere dalla
foga di panificare, cucinare a più non posso, e igienizzare anche il più
recondito angolo del mio appartamento e a volte sento anche un certo senso di
colpa per questa mia mancanza di voglia di fare.
Forse mi salva il mio lavoro, che tra mille difficoltà,
continuo a portare avanti aprendo il pc alle 9 e chiudendolo alle 19: e pensare
che nella azienda dove lavoro avevano dubbi a lasciarci a casa a lavorare come
se ce la prendessimo comoda.
A parte che non c’è molto da uscire per andare a zonzo per
cui è peggio che stare in ufficio, almeno alla pausa uscivi per fare quattro
passi e avevi anche la strada per tornare a casa, ma ho notato, e non avevo
molti dubbi su questo, che per quanto mi
riguarda l’amore per il mio lavoro regna comunque sovrano e la mia passione nel
farlo bene è rimasta immutata.
Questa esperienza mi sta facendo notare sempre di più l’importanza
di fare le cose BENE, è una cosa che mi fa stare a posto con me stessa e mi
lascia un benessere interiore.
Per cui lavorando tutte quelle ore, riesco ad arginare le
pulizie al sabato e per quanto riguarda il cucinare cerco di preparare dei
pasti sani e decenti cosa che prima faticavo a fare visto gli orari di rientro
a casa.
In tutto questo non sono sola ovviamente, condivide la
gabbia dorata anche mia figlia, adolescente di 17 anni e con questo credo di
avere detto tutto e avervi lasciato la mente libera di immaginare gli umori
altalenanti di questa poveretta che vive videochiamate con i suoi amici in cui ride a
crepapelle, lezioni on line a scuola, attimi di vera noia e pessimismo, ottimismo
per il futuro, disperazione perché alla fine
quando uscirà sarà vecchissima, ore di ginnastica per sfogarsi, e
discoteca on line con le amiche alla sera, sempre per ricordarsi i bei tempi
andati.
Non è semplice la convivenza ma c’è sempre di peggio.
Dall’adolescente in breve tempo i miei pensieri vanno a mia
madre, 89 anni, che chiusa in casa (per fortuna con mio fratello) è quella più
attrezzata per far passare la quarantena: non esce da tanto da casa per
problemi di deambulazione e pertanto si sente meno sola in questa comune
reclusione forzata.
E’ quasi un mese che non la vedo e con lei la mia ansia sale
a picchi altissimi: ha i suoi acciacchi, dovremmo portarla a fare la visita di
controllo dalla geriatra ma in questo momento non ci pensiamo proprio a farla
uscire, e vivo pregando che gli acciacchi non peggiorino troppo e che ci
lascino il tempo di fare tutto con maggiore sicurezza.
Mamma è da un po' di tempo che a volte perde il contatto con
la realtà e si rifugia in un mondo tutto suo con personaggi che tornano dal
passato a trovarla: niente di romantico sono soli accenni di una fisiologica
demenza senile.
Detto questo, mi sento molto sdoppiata in questo momento che
stiamo vivendo, l’adulta che sono è contenta che lei non debba essere
profondamente consapevole di ciò che sta succedendo ma la figlia (un po' ancora
bambina) a volte soffre per non poter parlare con lei di tutto questo, per non
avere un conforto da una donna che ha vissuto crisi anche peggiori di queste:
mi manca la mia mamma e quando la sento e mi chiede “come mai non vieni più?”
il mio cuore sanguina e cade a pezzi ed io mi sento persa mentre le spiego per
l’ennesima volta i motivi.
Questo virus ci uccide dentro e non solo fisicamente ma nonostante
tutto voglio pensare che ci stia insegnando anche tante cose e sono certa che,
finito tutto, noi non saremo più inevitabilmente quelli di prima, nel bene e nel male.
Oggi riprovo a concentrarmi e a mantenere le vibrazioni
alte, prendo energia e porterà alla conclusione anche questo giorno.
A presto