mercoledì 27 maggio 2015

Il senso di fallimento


In questo momento sono in ufficio immersa in un oasi di tranquillità.
Non accade mai.
Tre quarti dell’Azienda si è trasferita al Festival del Fitness di Rimini e l’altro quarto sta lavorando con tranquillità e serenità su tutto il resto perché si sa che il fatturato non lo tiri su solo in Romagna.
Io con il mio fianco svettante sono tra quelle che non sono degne di stare allo stand, l’immagine aziendale ne sarebbe compromessa.
Da quando ho preso consapevolezza di questo aspetto, tante cose di cui non riuscivo a darmi una spiegazione si stanno mettendo nell’ordine giusto.
Stamattina in autobus stavo parlando con una persona che lavora nel palazzo ma in un'altra azienda, di questo aspetto per cui a chi corre (non sul lavoro come me ma con le scarpette da jogging) viene concesso molto più tempo in pausa e viene comunque considerato.
Lei allibita mi guarda e candidamente mi dice “ma allora tu non hai possibilità?”
Si, direi che prima della mia presa di coscienza l’avrei guardata con astio per questa battuta, ora invece mi compiaccio semplicemente della sua perspicacia e mi basta sapere che se perdo un quarto di me posso diventare tranquillamente “la più brava della classe”
Ok ok torno a pensare che devo farlo per la mia salute.
Sto cercando di tenere un minimo di ordine alimentare nella mia giornata, provo a non mangiare fuori pasto e a non pasticciare. D’altro canto il fuori pasto è quello che mi frega principalmente perché anni di diete mi hanno portato  a preparare, in modo totalmente naturale, dei pranzi bilanciati.
Nel fuori pasto la mia fantasia  raggiunge dei livelli altissimi.
In questi giorni sto cercando di capire anche qual è lo stato d’animo che mi fa scivolare nella ricerca del cibo senza freni e senza pensieri.
C’è chi mangia per tristezza o  per nervosismo o per riempire un vuoto oppure per noia: ecco io mangio per tutti questi motivi insieme e lo faccio pure come premio per quando sono felice, soddisfatta oppure sono riuscita a fare qualcosa di veramente gratificante per me.
Insomma per me il cibo è conforto, premio e godimento.
Tutto questo complica la mia giornata: soffro di una forma di amnesia dietetica.
Io mi alzo al mattino consapevole che sono a dieta, va tutto bene fino a circa alle 18, esco dall’ufficio  e … puff….. amnesia….. mi dimentico tutto.
Dovrei girare con una di quelle scritte lampeggianti al neon  davanti agli occhi: SONO A DIETA!
Alla sera sento proprio il bisogno di lasciarmi andare e non pensare a quello che mangio.
Mi chiedo se in questa fase devo continuare ad ascoltarmi e  fare da sola oppure  devo decidermi a  chiedere aiuto a qualcuno.
Sento il fallimento come una presenza continua e costante che mi accompagna che sia sola o accudita.
In Azienda abbiamo una nutrizionista che si occupa di fare incontri con le persone per insegnare a mangiare meglio e li segue nel percorso. E’ una persona veramente seria, carina, preparata  e molto disponibile.
Spesso ci fermiamo a chiacchierare ma io non ho mai sfiorato con lei l’argomento dieta.
Ultimamente la incontro e da dentro sento una vocina che mi dice “dai parlale, dille che hai bisogno di lei, dille che hai bisogno di un controllo perché da sola non riesci”.
E poi rinuncio.
Perché forse la lego all’Azienda e un po’ questa cosa mi dà fastidio
Perché mi vergogno di pesarmi davanti a lei
Perché ……ho paura del solito fallimento e di doverlo ammettere.
E’ una strada in salita, moooolto in salita!

martedì 12 maggio 2015

Ieri era l'11 maggio 2015


Ora, non vorrei dire, ma questa cosa che andrò a scrivere l’avrà accennata minimo minimo 20 volte se calcolo il tempo che ho un blog (dai tempi dell’indimenticato splinder).

Voglio perdere peso.

No, calma, voglio ribadire a me stessa questo concetto: non lo sto facendo per fare carriera sul lavoro, lo faccio per me perché, passata la boa dei cinquant’anni, la salute quando non la curi non è più semplicemente una parola astratta ma un qualcosa di molto tangibile che non ti fa stare bene.

Ieri stavo rileggendo questo post di Panzallaria e mai come prima ho capito il colloquio con la sua anima nera.
La mia anima nera ha fatto capolino nel post in cui parlavo del lavoro.
Eccola lì, è uscita e ha messo davanti gli scudi della ribellione e del sottrarsi a qualsiasi ricatto lavorativo che vuole che con i miei kili in eccesso io non debba essere trattata come, anzi meglio, di tutti gli altri.
Io sono così e se mi accettano bene, altrimenti se ne vadano a quel paese.
La mia anima nera e ribelle che si ferma a  queste cose e non vede che lentamente mi sto suicidando, perché ogni chilo in più è un gradino verso l’annientamento di me  stessa fisico e psicologico.
E allora devo imparare a prenderla per mano e a farle capire che così non si può assolutamente andare  avanti, perché ci sono delle priorità da affrontare e tra queste priorità c’è la mia voglia di sentirmi bene come me stessa, di  ritrovare il piacere di muovermi (sono stata una camminatrice molto forte ma ultimamente faccio fatica) e perché no, aldilà della salute che è importantissima, il piacere di guardarmi allo specchio con serenità.

Ecco quest’ultima è una cosa che faccio fatica a fare ultimamente, molta.

Passo davanti agli specchi senza soffermarmi, e se lo faccio ci investo pochissimi secondi perché quello che vedo non mi piace per niente.

Ogni volta che mi incontro, sento una sorta di tristezza che mi pervade e quella tristezza la vedo anche negli occhi, persi in quel viso che non è più il mio.

Non posso accettare di essere così feroce con me stessa.

Questo sottrarmi allo specchio mi dà una percezione di me stessa completamente sbagliata.

Il mio corpo ed il mio viso li “sento”  come erano prima di ridurmi così.

Poi  uno specchio all’improvviso ti ritorna un immagine che non riconosci.

Poi una serata  fantastica come  venerdì sera, per festeggiare una amica che sta dando una svolta alla sua vita, viene immortalata in alcune foto e guardandomi  l’impatto è duro, anzi durissimo.

Allora comprendo che la svolta la devo fare pure io e che non c’è più tempo da perdere o altri post da scrivere inutilmente.
Ieri era l’11 maggio e da questa data parte il mio percorso per ritrovare quella parte di me che sento ogni giorno ma che non riesco più a vedere.

giovedì 7 maggio 2015

Stati d'animo


Mi prendo una mezz’oretta per scrivere uno stato d’animo

Oggi sono in ufficio, sempre presa tra mille cose che sto seguendo.

Siamo in pochi oggi in ufficio perché c’è un evento importante (la presentazione di un libro) a cui sono state invitati clienti e anche interni.

Nonostante passino gli anni e dovrei smetterla di farmi certe domande, chissà perché mi sovviene sempre un quesito: ma con quale criterio scelgono le persone da invitare agli eventi?

Mi guardo intorno in ufficio per vedere chi è rimasto e ci capisco ancora meno.

Faccio sempre un po’ fatica a lodarmi ma sul lavoro non ho dubbi: sono brava e il mio lavoro lo so fare molto bene.

Nel mio lavoro devo occuparmi di tante cose, di progetti da seguire, e di fare un lavoro di controllo di gestione su un conto piuttosto importante dove l’importo totale sfiora i 7 milioni di Euro.

Sono precisa, autonoma, arrivo sulle cose  prima dei miei capi per cui risulto essere l’assistente a cui non devi chiedere di fare le cose perché c’ho già pensato da sola.

Una delle mie mansioni è sanare eventuali contestazioni con i fornitori e devo dire che di soldi a questa Aziende ne ho fatti entrare, perché senza andare a fondo con certe contestazioni rischi di perdere denaro senza manco accorgermene.

Evidentemente non è abbastanza per essere invitata ad un evento come quello di oggi.

Faccio sempre la dura dicendomi che preferisco stare qui a risolvere  e  a mandare avanti le cose ma, indubbiamente qualcosa  mi sta rodendo dentro.

Nonostante io abbia sempre lavorato con la testa ho faticato tantissimo per farmi riconoscere il mio ruolo.

Dopo anni e anni sono riuscita a passare da impiegata a  quadro nonostante i miei colleghi erano convinti che io lo fossi di già: per dire il mio lavoro era da quadro ma i capi  non l’avevano riconosciuto formalmente.

Diventata quadro ora devo lottare per far valere i miei diritti e non è cosa semplice, è molto dura perché so per certo di  percepire uno stipendio inferiore agli altri del mio stesso livello e non mi vengono riconosciuti incentivazioni/premi.

Mi sento sempre di essere molto attiva e fattiva dietro le quinte ma poi il merito se lo prendono i miei capi che sono incapaci  (oppure gli fa comodo) di distribuire i meriti a chi ha fatto il lavoro.

Questa cosa inizia a darmi un po’ sui nervi.

E poi ho un altro pensiero che mi passa per la testa ed è solo mio non ho avuto prove, pero….

La società per cui lavoro è leader nell’alimentazione sportiva e nella alimentazione dietetica per migliorare il proprio benessere.

Per dirvela tutta io sono attorniata da colleghi e colleghe che fanno triathlon, si allenano in bici quotidianamente corrono in pausa pranzo.

Qui se esci ad allenarti alla pausa pranzo ti permettono anche di rientrare mezz’ora/un ora dopo  mentre se io tardo di mezz’ora perché ho portato mia figlia dal dentista devo chiedere il permesso.

Non importa se io sto in ufficio dalle 8.30 alle 18 a farmi un mazzo tanto, chi fa un buon tempo alla maratona di Milano è più considerato di me.

E se dopo 10 ore che sono in ufficio esco alle 18 perché ho una vita e una figlia fuori di qui e mi ci vuole un ora per rientrare a casa e per poterci parlare un po’ insieme, oltre a preparare la cena e altro, può accadere che il tuo superiore che è andato in pausa alle 12 ed è arrivato in ufficio alle 16.00 (quando va bene) si permetta di scherzare dicendo se sono una statale e  che mi cade la penna alle 18.

Anche questo inizia a darmi sui nervi.

Comunque per farla breve io lavoro in un ambiente dove fare una maratona  o allenarsi in bici conta molto di  più delle competenze professionali e l’aspetto fisico dello sportivo o della fanatica del metodo alimentare dietetico commercializzato  sono molto più considerati rispetto alla mia fisicità che la dieta più che seguirla, la insegue senza mai riuscire a prenderla.

E’ da un po’ di tempo che si insinua nella mia mente il sospetto che la mia condizione fisica di obesità e poca propensione allo sport possano essere un motivo per non portarmi agli eventi in cui si parla di queste cose.

Esagero? Mah!

Il problema è che se  questo pensiero riesce a farsi  spazio nella mia testa io sono fottuta perché la mia indole fortemente ribelle e anche un po’ allergica all’autorità mi costringe ad andare  esattamente all’opposto di quello che sono i loro canoni.

Una volta il presidente stesso si è permesso di dirmi in modo bonario e paternalistico che avrei dovuto perdere   peso e avere maggiore cura di me: tutto questo mentre stavamo discutendo di una riunione della forza vendite da organizzare.

Risultato: sono ingrassata di due chili quel mese.

Detto questo oggi mi sento un po’ triste e sconsolata davanti alla mia scrivania, anche se da quando ho iniziato a lavorare oggi ne ho risolte di cose e la considerazione della forza vendite, clienti e colleghi è sicuramente indiscussa. Anche quella dei capi ma se fossi più magra e più tonica avrei qualche carta in più da giocare.

Detto questo oggi ho bisogno di crearmi un mantra che annulli questi pensieri negativi:

 Io sono brava nel mio lavoro e scelgo di  dimagrire e fare movimento perché ne va della mia salute e non del lavoro.

Però oggi sono triste lo stesso.